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Motivazione estrinseca, intrinseca e sport

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Motivazione estrinseca, intrinseca e sport

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sport - 07/11/08

Uno degli argomenti più trattati in psicologia è la motivazione. Nello sport, dove il livello e la motivazione di un atleta possono fare la differenza fra raggiungere o mancare gli obiettivi di performance stabiliti, questo concetto è importantissimo.

PuntoIntroduzione
PuntoI modelli tradizionali di motivazione
PuntoI vari tipi di motivazione
PuntoConclusione

Soldato e cavallo - Anonimo

Introduzione


Sono stati fatti molti studi per capire cos'è che rende davvero motivati gli atleti, e i risultati non sempre si sono rivelati intuitivi come ti saresti potuto attendere.

Si sa, il sogno di ogni allenatore è avere atleti del tutto automotivati, che si allenano coscienziosamente e con assiduità, che desiderano esprimere al meglio il proprio potenziale e cooperano in maniera totale con il personale che ne cura la preparazione.

Ma cos'è, esattamente, la motivazione?

Può essere definita come quella cosa che spiega l'inizio, la direzione, l'intensità e la persistenza di un comportamento diretto a uno scopo (De Beni e Moè, 2000).

I modelli tradizionali di motivazione


Un tempo si pensava che la motivazione dipendesse solo da ricompense e punizioni. L'essere umano organizza la sua esistenza in modo da aumentare al massimo il piacere e ridurre al minimo il dolore. Perciò, uno dei mezzi usati da sempre per modificare il comportamento delle persone è il binomio ricompensa-punizione: si puniscono i comportamenti indesiderati e si premiano quelli desiderati.

In ambito sportivo le ricompense riguardano il riconoscimento da parte dei compagni, la fama, premi simbolici e in denaro.

Ma modificando solo i comportamenti non è detto che riuscirai a modificare anche la motivazione, o l'atteggiamento che ci sta dietro.

Per molto tempo si è creduto che per ottenere il massimo da un atleta bastasse riconoscergli dei premi, a seconda della qualità dei risultati. Come atleta puoi essere attratto dal denaro, o dall'inebriante sensazione di essere il migliore, oppure dalla sfida con l'avversario.

È vero, l'abilità nell'utilizzare queste leve può consentire a volte all'allenatore di attivare risorse inaspettate nell'atleta. Ma spesso non è sufficiente ad assicurare l'assiduità e la continuità del livello di prestazione desiderato.

Se sei un atleta eccezionale, che ottiene risultati straordinari rispetto alla media dei tuoi colleghi, è anche perché sei spinto da una passione che ti proviene dall'interno. Non lo fai per i premi. I ricercatori hanno visto, anzi, che un eccesso di ricompense può addirittura peggiorare un livello già buono di motivazione.

I vari tipi di motivazione


In psicologia la distinzione classica è fra motivazione estrinseca e motivazione intrinseca.

Se sei un atleta con forte motivazione intrinseca, gareggi per il puro piacere di farlo. La motivazione estrinseca, invece, caratterizza gli atleti che nello sport cercano soprattutto riconoscimenti esterni: la vittoria, la fama, il denaro e via dicendo.

Un'altra classificazione possibile dei tipi di motivazione riguarda il cosiddetto orientamento al compito e orientamento all'ego.

Quando sei orientato al compito, desideri confrontarti con te stesso e ricavi piacere dall'apprendere nuove abilità, apprezzando i tuoi miglioramenti. Al contrario, quando cerchi di dimostrare la tua capacità principalmente attraverso il confronto con gli altri, ti sentirai realizzato solo quando tale confronto ti sarà favorevole. Sarai indifferente alla possibilità di migliorarti e motivato soprattutto dal desiderio di magnificare il tuo ego.

Quando sono presenti entrambe la motivazione intrinseca e l'orientamento al compito, sentirai di essere tu a determinare il tuo successo. In altri termini, avrai ciò che gli psicologi definiscono locus of control interno, cioè il tuo centro di controllo è basato su te stesso e non sull'esterno.

Viceversa, l'atleta motivato in modo estrinseco e orientato all'ego ripone le aspettative di successo all'esterno di sé, condannandosi per così dire a subire le conseguenze della realtà esterna, che è molto più difficile da controllare: il livello di bravura degli avversari, i capricci del pubblico, l'imprevedibilità di premi e ricompense e così via.

I fattori motivazionali interni ed esterni sono nella pratica entrambi presenti. Se sei un atleta di buon livello, oggi, sarà difficile che accetterai di gareggiare solo per la gloria. Tuttavia, alla base di una prestazione straordinaria c'è sempre la solida passione nel fare ciò che ti piace.

Una volta, al grande tennista Björn Borg, passato alla storia per i suoi cinque successi consecutivi a Wimbledon, record ineguagliato nella storia moderna del torneo, un giornalista domandò come avesse fatto a diventare il più grande tennista di tutti i tempi. "Prendevo il treno", rispose il campione. "Come, scusi?" "I campi d'allenamento erano lontani da dove abitavo, e così dopo la scuola dovevo prendere il treno ogni giorno, tutti i giorni, per andare ad allenarmi".

Il commento di Borg fa capire ciò che per lui era scontato e ciò che invece non lo era. Dava scontato che dovesse farsi un mazzo così per raggiungere quel livello, così come dava per scontato che doveva avere un'enorme passione per il tennis. E quindi non incluse nemmeno queste parti nella sua risposta al giornalista. Togliendo questi "perché", restava il "come": andando ogni giorno ad allenarsi. E per farlo aveva bisogno di prendere il treno.

Perché come ci insegna Nietzsche, se hai un perché, troverai sempre un come.

Conclusione


Il sogno di ogni allenatore è davvero la situazione più desiderabile. La passione che viene dall'interno, autogenerata, il "fuoco sacro", resta sempre il carburante migliore per prestazioni fuori dell'ordinario. Insistere troppo con le gratificazioni esterne non solo è inutile ma, come abbiamo visto, può essere controproducente.

Possiamo dire che la motivazione intrinseca da sola può essere sufficiente ad assicurare la prestazione, mentre quella estrinseca, da sola, difficilmente basta.

L'allenatore può ricorrere ogni tanto a ricompense e punizioni, giocando magari sul tuo senso di orgoglio per spingerti a superare i tuoi limiti, ma abusandone finirà per produrre effetti negativi. Converrà piuttosto agire indirettamente, favorendo lo sviluppo di un autentico attaccamento alla tua disciplina sportiva.

Questo può essere ottenuto ricompensando non tanto la prestazione in sé, quanto i piccoli gesti quotidiani che mostrano che ti stai davvero appassionando. Piccole cose, come l'arrivare puntuale, la costanza negli allenamenti, il rispetto per il proprio corpo, per i compagni di squadra.

In questo modo lo sport non è più solo occasione di confronto o una lotta per mettersi in luce, ma un universo nel quale esprimere valori, che rendono la vita ancor più degna di essere vissuta.

Bibliografia:

De Beni R, Moè A, 2000. Motivazione e apprendimento. Il Mulino, Bologna.
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